Con l’apertura della successione ereditaria, che coincide con il momento della morte del de cuius, si costituisce la cosiddetta comunione ereditaria, la quale, oltre ad essere disciplinata dalle norme generali sulla comunione ordinaria (1100 e ss. C.C.), é disciplinata dalle norme particolari di cui agli articoli 713 e ss. C.C.
Oggetto della comunione ereditaria sono tutti i beni che compongono l’asse ereditario, compresi i diritti di credito del defunto.
La costituzione della comunione ereditaria viene detta “incidentale” in quanto non dipende dalla volontà dei coeredi comunisti ma da un evento naturale, ossia dalla morte dell’is de cuius hereditate agitur.
E se qualcuno dei coeredi volesse sciogliere la comunione o più semplicemente liberarsi della sua quota, potrebbe farlo?
Certamente sì, ma occorre, a questo proposito, fare alcune precisazioni: in merito allo scioglimento della comunione, va innanzitutto precisato che si tratta di un diritto potestativo ed imprescrittibile dei coeredi.
La divisione, poi, può essere negoziale, raggiunta consensualmente attraverso un accordo tra i coeredi, oppure giudiziale, attraverso un procedimento decisamente più lungo in cui la decisione del Giudice prende il posto della volontà delle parti.
In questo secondo caso, l’esperimento della mediazione civile è obbligatorio si sensi dell’articolo 5 D.Lgs. N 28/2010.
In riferimento al secondo aspetto, il coerede intenzionato a vendere ad un estraneo la propria quota o, perché no?, parte della stessa ha il dovere di notificare la proposta di alienazione, indicando il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno il diritto di prelazione ai sensi dell’articolo 732 C.C.
Pare il caso di rilevare che tale prelazione legale sussiste solo per le alienazioni a titolo oneroso e non anche nel caso di donazione.
Ai coeredi che non siano stati notiziati della proposta di vendita è concesso il diritto potestativo di riscattare la quota.
Tale diritto viene definito retratto successorio e può essere esercitato fintanto che dura la comunione ereditaria, ma non oltre dieci anni dalla conclusione del negozio avvenuta in spregio al diritto di prelazione dei coeredi (Cass. N. 3465/2013).
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